Su Vladimir Martynov
“Ci sono voluti trent’anni al mondo per comprendere i primi sviluppi e concetti dell’Arte Elettronica che io ho portato avanti quando ero appena un teenager: capire che l’ARTE DIGITALE stava divenendo la futura voce dei creatori. Alcuni capirono, altri abbracciarono l’idea, e molti la respinsero. Si potrebbe fare un’analogia con il combustibile fossile: la gente ha usato lo stesso metodo perché era prevedibile. Ora, quella previsione si è trasformata in estinzione. Lo stesso è per l’arte. L’unico modo per andare avanti è confrontare la nostra abilità di comunicare nel campo elettronico. Nam June Paik nel 1968 disse: <<La carta è inutile, eccetto per la cartaigienica>>.
Fu umoristico e brillante al tempo stesso. Come suonano vere quelle parole quarantuno anni dopo.
C’è un pugno di uomini che guida il resto dell’Universo verso il proprio futuro e forgia il proprio destino. Vladimir Martynov ha compreso quella visione. Egli è un ARTISTA che ha colto l’evidenza. Facendo ciò Vladimir ha percorso la storia dell’arte e ne è uscito con un personale linguaggio visivo, spingendo avanti la direzione dell’ARTE. Ciò è reso possibile dalla sua abilità di apprezzare quanto vi era prima di lui. Ha seguito l’interazione dei colori come fece Josef Albers: sovrapponendo un piano colore ad un altro. Il lavoro può persi- no essere relazionato a Mark Rothko con la stessa condizione di interazione di colore. Ultimamente Martynov ha avuto un approccio più formale, come Al Held: direzionando i colori cosicché gli occhi reagiscano alle alte attività di trasformazione cromatica. Mi riferisco a Sol LeWitt, nei termini di prendere una stanza e dipingerla perfettamente come proprio ambiente al “Tate Modern” (Six Geometric Figures 1980-1981).
[...] L’Età Digitale permette all’artista di allontanarsi come mai prima, e quindi, egli ha la responsabilità di spinge- re oltre i limiti. Muovendosi tra un metodo artistico e un altro, Martynov può sperimentare con stampe digitali, multimedia, video installazioni. La complessità del dettaglio come il suo “Project Installation Red Room - 2004”, crea un mondo che non è famigliare a quello naturale, ma che è possibile traspostare nella realtà.
[...]COLOR TIME ancora una volta pone l’osservatore in condizione di percepire che sta trascendendo da uno spazio ad un altro, sperimentando tutte le forme e le apparenze che sono artificiali ma che appaiono reali. In un certo senso, Martynov crea un “Iper Realismo”, opponendosi completamente alla propria storia nazionale, pur riservandole rispetto. Potete vedere riferimenti alle sue radici russe. Il suo “Project Exposition-2004” con le sue linee e movimenti ci porta indietro a Vladimir Tatin, Alexander Rodchenko, El Lissitzky e Kasimir Malevich: cioè i primi promotori del Costruttivismo Russo.”
Laurence M. Gartel
Prefazione di Irina Karasik al progetto Structure di Vladimir Martynov
“Il concetto di “struttura” è uno dei principali inerenti il modernismo e l’avanguardia che tratta con il problema dell’autonomia dell’arte e la ricerca di significati espressivi che dovrebbero essere specifici per ogni media. L’arte non è concepita per ripetere la realtà esistente ma per rivelare le strutture interiori e intime del mondo, creando una nuova realtà.
Vladimir Martynov ama molteplici formalismi che sono in costante movimento. Non è la struttura finale che lo affascina bensì il vero potere del caos che struttura il processo: l’interminabile, ma regolare, logica e consistente frammentazione e separazione delle forme, il ri-arrangiamento e trasformazione degli elementi, la formazione di nuove connessioni. Le composizioni sono strutturate in tal modo che l’osservatore non solo contempla la bellezza dello sforzo creativo; i suoi occhi sono trascinati nella profondità dell’immagine e immediatamente si ritrovano al centro di un’azione in corso. La gamma di bianco e nero rende all’evento rappresentato un “austero, ordinato aspetto”, e la deliberata frammentazione delle immagini che sembra andare oltre il confine del visibile enfatizza la sua scala universale. Non è una coincidenza che Martynov non confina se stesso in lavori “da cavalletto” ma ma traduce il fantasmagorico spettacolo della strutturazione nel linguaggio del video.”
Irina Karasik
The concept of “structure” is one of the main ones of modernism and avant-garde that deal with the problem of the autonomy of art and the search for expressive means that should be specific for each medium. Art is not meant to repeat the existing reality, but to reveal the inner structure of the world by creating a new reality.
“Vladimir Martynov loves multiple forms that are in constant movement. It is not the final structures that fascinate him, but the very power of the chaos structuring process: the endless, but regular, logical and consistent fragmentation and separation of forms, the rearrangement and transformation of elements, the formation of new ties. The compositions are structured in such a way that the viewers do not only contemplate the beauty of the creative effort. Their eyes are dragged into the depth of the picture, and they suddenly find themselves in the middle of the ongoing action. The black and white range lends the depicted event an “austere, orderly appearance”, and the deliberate fragmentation of the image that seems to be going beyond the boundaries of the visible emphasizes its universal scale. It is no coincidence that Martynov does not confine himself to easel works, but translates the phantasmagoric spectacle of structuring into the language of the video”.
Irina Karasik